Piave: cronache di un fiume sacro by Alessandro Marzo Magno

Piave: cronache di un fiume sacro by Alessandro Marzo Magno

autore:Alessandro Marzo Magno [Magno, Alessandro Marzo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Social History, General, Narrativa, 20th Century, Modern, History
ISBN: 9788842816270
Google: k_M4On9E6xgC
editore: Rubbettino
pubblicato: 2010-09-15T17:16:42+00:00


Dodici

L’esterno era trascurato e incolto, con mucchi di bottiglie, cataste di legname, un pollaio deserto. Sotto una tettoia di lamiera c’erano un vecchio fuoristrada e un quad. Appena lo vide, Astolfo disse:

«Guarda, Rinaldo, una motocicletta con quattro ruote!»

L’interno era un ambiente vasto, color ocra, con un salotto di vimini, un camino e un banco che poteva essere indifferentemente quello di una reception o di una salumeria. C’era anche una volpe imbalsamata a cui il tassidermista, che l’avesse voluto o no, aveva conferito un’espressione idiota. Dietro il banco, piantato nel muro, c’era il frammento di un altorilievo antico, una sessantina di centimetri di lunghezza per un’altezza di trenta; mostrava una barchetta sbattuta dai flutti. Vi si scorgeva anche una scritta, ma era così consumata da risultare illeggibile.

Una scala di legno dall’aspetto precario conduceva ai piani superiori. Non c’era nessuno. Dopo alcuni minuti di attesa chiamammo; Rinaldo era spazientito, Astolfo si era seduto e quasi addormentato sul divanetto di vimini. Bruna, davanti a uno specchio, si pettinava. Io mi guardavo intorno; Eleuteria, rimasta fuori, scrutava il fiume.

«Ma non c’è nessuno qua?», aveva gridato Rinaldo.

Passò qualche secondo e la scala cominciò a ondeggiare, ne scese prima un cane da caccia dall’aria compassata che venne ad annusarci, ma senza scodinzolamenti o altre manifestazioni di contentezza, seguito qualche istante dopo da un uomo di mezza età che indossava un vestito di velluto a coste, un foulard, stivali da caccia. Sembrava stupito di vederci. Scendendo mise un piede in fallo, rischiò di cadere, dovette aggrapparsi al corrimano, imprecò sottovoce, si ricompose.

«I signori desiderano?»

Era alto e magro, con qualcosa di ricercato e, insieme, trascurato nell’aspetto. Aveva la barba di qualche giorno, i capelli grigi, pettinati all’indietro, sembrava non fossero stati lavati da molti giorni. Avessi dovuto usare un aggettivo per definirlo, avrei detto che sembrava unto. Mentre si aggiustava il foulard ci guardava tutti, soprattutto Eleuteria, fra curioso e intimorito, cercando di capire chi fossimo, cosa volessimo.

«Pensavamo che non c’era nessuno». Era stato Rinaldo a rompere il silenzio.

«Sì, in effetti non aspettavo nessuno… Anche perché il sentiero è ostruito, è caduto un salice un paio di chilometri giù a valle. Ci vorranno tre o quattro giorni per liberarlo… Ma voi come siete arrivati?»

«La barca, no? Il fiume, la barca», aveva risposto Rinaldo.

«In barca? Strano. Nessuno arriva più in barca qui, ormai. Da anni».

Rinaldo si era risentito: «Non ci credi? Vieni fuori che te la faccio vedere».

«Certo, certo, non ce n’è bisogno…», aveva detto, conciliante, «…ma come posso aiutarvi?»

«Abbiamo fame!», aveva dichiarato Bruna, impaziente, «dobbiamo mangiare, e…», ci guardò tutti, ma la domanda, quella la fece a Rinaldo: «… dovremo anche dormire, o no?»

Ma la cucina era chiusa, la cuoca era appena andata a casa, aveva detto l’uomo, ma probabilmente quel posto non ne vedeva una da molto tempo. Così mangiammo quello che era rimasto nella dispensa, un prosciutto duro come marmo e del formaggio stantio. Non c’era pane, solo dei grissini, stantii pure quelli. Lui, il proprietario, Filippo si chiamava, da buon padrone di casa volle intrattenersi con noi.



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